Continua l’epopea di Banksy, l’artista più misterioso, e più celebre della contemporaneità. La poetica e la vicenda dell’artista di strada che Tommaso Montanari, qualche giorno dopo le incursioni a Venezia, ha definito “l’artista più influente e certo il più intelligente del mondo” (Il fatto quotidiano, 27 maggio 2019), ruotano attorno al gioco dicotomico dentro-fuori. Lo stesso artista fornisce questa chiave di lettura nel suo sito ufficiale, (www.banksy.co.uk), giocando sulla presentazione delle sue azioni artistiche inside e outside. E dunque, una breve fenomenologia di Banksy in qualche punto, ragionando dentro fuori..
Banksy dentro-fuori la street Banksy è senza dubbio l’esponente più famoso della street art, ma la sua vicenda è del tutto peculiare poiché la sua attività artistica nasce dentro questa corrente d’avanguardia, ma non ne segue gli sviluppi e gli orientamenti. La street è nata negli anni ottanta, come arte eversiva, spesso illegale, alternativa alle modalità espositive legate al sistema dell’arte: gallerie, musei, critica, collezionisti. L’estetica della street è legata e subordinata al concetto di funzionalità del messaggio, quasi sempre critico verso le dinamiche economiche, le istituzioni culturali, le organizzazioni sociali, strutture consolidate che generano inevitabilmente esclusioni e ingiustizie. Il messaggio è rivolto al passante, ad un pubblico dunque che non entra nei luoghi espositivi istituzionali, ma si trova ad essere “fuori”, fruitore casuale. Negli ultimi anni tuttavia la street ha perso il suo carattere eversivo, diventando una sorta di arte pubblica urbana, i suoi esponenti sono conosciuti, continuano ad occuparsi di tematiche legate alla società contemporanea, ma collaborano con enti e istituzioni a progetti di rigenerazione urbana, di integrazione sociale, di difesa dell’ambiente. La fruizione è guidata, incoraggiata e organizzata da progetti e mappe che spesso le stesse città forniscono agli interessati, facendo dei luoghi della street musei a cielo aperto. Banksy segue invece una personalissima strategia di guerriglia poetico-politica organizzata intorno a due fattori e due piani che appartengono all’archetipo dell’eroe: la fascinazione dell’identità segreta che alimenta e cattura l’immaginario collettivo e l’incursione artistica nel cuore del Sistema, spesso sbeffeggiando e infrangendo regole, confini, sorveglianze, di cui l’Istituzione si avvale. Una sorta di Zorro, di eroe contemporaneo, armato di Stencil che lascia il segno (che rivendica e autentica sul suo profilo Instagram) dove le cose accadono, nei luoghi simbolo dei conflitti, delle emarginazioni, delle contraddizioni della contemporaneità.
Dentro Banksy: I personaggi delle opere di Banksy, ormai diventati icone della sua poetica, smascherano le immagini simbolo della società contemporanea. I ratti, i bambini, i poliziotti, gli adolescenti dei territori occupati che tirano fiori al posto di sassi, le cameriere che sollevano tende dipinte sul muro, i ladri con il volto dei potenti che scappano con la refurtiva sulle spalle, agiscono nello spazio estetico dove gli elementi reali della città ( la strada, i tombini, gli edifici, gli stessi passanti..) i luoghi con il loro carico storico, simbolico, politico, funzionano da quinta teatrale per raccontare una storia nella storia, una contro-storia, una universale graphic novel che si dipana sui muri del mondo, orchestrata attraverso capitoli di narrazione sit specific, per quella precisa situazione, a quella latitudine, ma che sempre mette in luce e svela contraddizioni, iniquità, sopraffazioni, assurdità del mondo contemporaneo, e spesso indica un altro mondo possibile proprio laddove viene negata ogni speranza dalle barriere erette dai sistemi economici, culturali, sociali, politici, muri invalicabili che decidono chi appartiene e chi no, chi può entrare e chi deve restare fuori. I murales di Banksy mettono in relazione il dentro e il fuori, la realtà e l’immaginazione, commentano e rinegoziano la storia. Nei graffiti che per primo ha lasciato sul muro di separazione dalla Palestina eretto nel 2002 da Israele in Cisgiordania (di fatto un muro d’apartheid), e in vari luoghi dei territori occupati, i bambini giocano dentro squarci di cielo e paesaggi paradisiaci, e perquisiscono i soldati, oppure volano via attaccati a palloncini, gli adolescenti tirano fiori al posto delle pietre; a Parigi dopo gli attentati una donna velata piange sulla porta dell’uscita di emergenza del Bataclan; a Venezia, poche settimane fa (in occasione dell’apertura della Biennale d’Arte ) ha lasciato a fior d’acqua, sulle pietre fatiscenti di un palazzetto l’immagine densa, del bambino migrante, che porta con sé i simboli della salvezza per i naufraghi: il giubbetto salvagente e il razzo segnaletico, tenuto col braccio destro alzato, (come la Statua della Libertà) a sottolineare che la posta in gioco, quello che è in pericolo e che rischia di naufragare è l’intera umanità, poiché la libertà di uno è legata alla libertà di tutti, e in questo preciso momento storico questa sfida di tenere alta e accesa la fiaccola dei valori universali si gioca sul terreno dell’accoglienza e dell’inclusione.
E mentre ad una parte di umanità migrante viene negata la possibilità di entrare nei porti, l’umanità pagante può invece metterli in pericolo su grandi navi da crociera che arrivano sin quasi dentro le mura delle città: questo il messaggio della seconda incursione veneziana qualche giorno dopo. Nella sua ultima installazione anti- brexit, esposta dal 10 giugno alla Summer Exhibition Della Royal Accademy, una porta della dogana dell’aeroporto di Heathrow, un topo cerca di scardinare con la T della scritta Keep Out, il lucchetto simbolo della chiusura delle frontiere, della scelta di auto esclusione, di stare fuori. Tematiche attuali, precise, circostanziate, conflitti raccontati attraverso metafore a volte poetiche, a tratti con sarcasmo, con tono lieve e tuttavia implacabile. Le figure immaginarie che dialogano e agiscono nelle architetture reali: i ratti con bombetta e ombrellino parasole che ammirano la Tour Eiffell, o che escono dai tombini veri, la bambina di colore che copre con una decorazione rosa la svastica (vera) in Port de la Chapelle, sembrano uscire dalla dimensione dell’immaginario e guardano il passante, tirandolo dentro la storia, e la storia ha la crudeltà, le eterne verità e la poesia della fiaba. Viene da pensare alle parole di un nostro grande artista Fausto Melotti : “la vita è stata cattiva con noi e non possiamo più credere alle fiabe, possiamo però raccontare la vita come fosse una fiaba.”
Fuori Banksy: il sistema. Tuttavia la fiaba e l’azione di Banksy si svolgono dentro una Società che ha fatto dello Spettacolo globalizzato un totalizzante paradigma. Il Sistema si nutre di tutto, anche del dissenso, e tutto viene consumato, cannibalizzato e cambiato di segno. Soprattutto gli eroi. E così da un lato l’artista-eroe si dichiara contrario alla mercificazione dell’arte, sbeffeggia regole e convenzioni del Sistema Arte, organizza incursioni nei musei inserendo (non autorizzato) nelle collezioni le sue opere, mette in atto azioni clamorose per protestare contro la vendita nelle aste dei suoi lavori, dichiara sul proprio sito che nessuna mostra organizzata da musei e gallerie ha avuto il suo consenso; dall’altro la cassa di risonanza del sistema mediatico ne fa l’artista più conosciuto, quindi enormemente quotato, e dunque appetibile del mercato.
Nell’ottobre 2018 la rocambolesca trovata di inserire all’interno di un suo quadro Girl with Balloon (battuto all’asta da Sotheby’s a Londra per una cifra astronomica) un meccanismo di autodistruzione che si è attivato appena l’opera è stata venduta, ha sortito l’effetto di aumentare le quotazioni dell’opera, ribattezzata da Banksy Love Is in the Bin. Perfettamente consapevole del diabolico meccanismo, l’artista stesso ha raccontato su Instagram il significativo episodio legato all’opera contro la brexit inviata alla Summer Exhibition della Royal Accademy 2018, firmata con l’anagramma del suo nome. Dapprima rifiutata, poi riammessa una volta che l’artista l’ha rivendicata come sua. Di fatto lo stesso sistema mediatico che lo celebra, lo consegna al consumo, e al dubbio. Le sue azioni artistiche in Cisgiordania (dai graffiti sul muro di separazione, all’idea del Walled off hotel di Betlemme) hanno avuto una risonanza tale da essere ora sotto accusa perché considerate la causa di un afflusso turistico che banalizza il dramma, e fa del muro un ulteriore business. Il messaggio poetico-politico di Banksy è neutralizzato da un Sistema che mercificandolo lo banalizza, disinnescane la carica rivoluzionaria. Il fatto di non avere un volto, un’identità sta diventando forse il suo punto debole poiché tutti noi siamo dentro meccanismi che ci stanno togliendo la capacità di sognare, e di credere agli eroi, facciamo ormai fatica a distinguere il vero dal falso, il dentro dal fuori, e nel nostro disincanto anche mentre plaudiamo all’eroe, un terribile dubbio ci assale: e se il dentro e il fuori, il buono e il cattivo nella fiaba coincidessero e facessero lo stesso cinico gioco?