L’arte è quella cosa che mette la vita al gerundio. C.P.
Seguo il lavoro di Cesare Pietroiusti già da un po’, e attraverso la sua attività artistica ho capito Un certo numero di cose sull’arte e sulla vita.
Con questo artista l’arte esce dal quadro e diventa azione, performance, relazione, un modo più libero di altri di analizzare noi stessi e le persone, le dinamiche, i meccanismi di potere. Dunque la prima di queste cose è che con l’arte si può guardare, analizzare e persino stravolgere ogni aspetto della vita.
Vi basterà visitare il suo catalogo generale messo in rete www.pensierinonfunzionali.net per trovare una sorta di manuale della disobbedienza a disposizione di tutti, inviti ad esplorare i confini di uno spazio, istruzioni per azioni paradossali basate sull’inversione di senso, sul disorientamento, inviti ad osservare atteggiamenti, a leggere nelle pieghe del linguaggio, ad appropriarsi delle parole, a provocare e creare quello spazio di reazione, dove diventa possibile sovvertire il reale, cambiare le regole, spezzare il pensiero unico di un sistema che globalizza i desideri, secondo le logiche del mercato, e del consumo, che crea isolamento e omologazione. E dunque:
l’arte è uno strumento di comprensione, di consapevolezza della vita, e fornisce le strategie di sopravvivenza all’omologazione. Una sorta di caffeina per restare svegli e vigili.
Come possiamo fare nostro questo valore dell’arte? Come si traduce nel nostro vivere quotidiano?Per esempio creando controvalori rispetto a quelli dominanti, mettendo a frutto il fallimento, facendo delle nostre incapacità dei punti di forza, affrontando le nostre imperfezioni. Imparare ad essere resilienti lavorando ai margini, sulle zone di confine tra una cosa e l’altra, tra noi e il mondo, andando se occorre al fondo di noi stessi.
Possiamo essere artisti della nostra vita, perché l’artista osa percorrere sentieri dove altri non si avventurano, osa uscire dai binari convenzionali, dai destini già tracciati, perché l’arte è anche una questione di coraggio. Come la vita, quando è realmente vissuta.
Dal 4 Ottobre il MAMbo (Bologna) ospita un progetto di Cesare Pietroiusti, (a cura di Lorenzo Balbi), che propone una retrospettiva che intreccia arte e vita, esponendole fianco a fianco , anno dopo anno, dalla nascita ad oggi. L’antologica non presenta solo il lavoro di quarant’anni di ricerca artistica, ma è costruita come una lunga narrazione attraverso Un certo numero di cose/A certain number of Things (arredi, fotografie, pagelle, giocattoli, dischi, lettere, diari, e molte cose da leggere) che rappresentano l’infanzia, i ricordi, gli ambienti, i volti, gli affetti, gli amici, e raccontano i passaggi, la storia di un percorso dove la vita ha trovato l’arte, o viceversa. Pietroiusti non espone solo la sua attività artistica, ma anche le ragioni, le circostanze che lo hanno portato ad esserlo, o a scoprire di esserlo sempre stato. Ma anche questa è una cosa-verità che vale per tutti: ogni attimo vissuto, ogni ricordo, ogni piega della vita che abbiamo attraversato, ci ha costruito e ci può rivelare qualcosa di nuovo ogni volta che torniamo ad abitarla. Vale nella vita quello che vale per l’arte: niente è mai veramente concluso, siamo forme e relazioni in continuo divenire.
La mostra stessa è concepita come un laboratorio permanente dove le performances “storiche” dell’artista non vengono riproposte e rifatte, ma vengono rielaborate in chiave creativa da un gruppo di giovani artisti, che le usano come spunto di partenza per proporre nuove idee.
Vista così, tutta insieme, la ricca documentazione dei suoi progetti artistici parla di una ricerca che ruota attorno all’analisi delle dinamiche comportamentali, sociali, economiche e al ruolo che l’arte può avere nella società contemporanea, nonchè ai rapporti che intrattiene con il mercato. E’ anche una ricerca che si muove (come tutto il mondo dell’arte) dentro molte contraddizioni.
Ma proprio qui c’è un’altra cosa da capire: le contraddizioni fanno parte di un percorso di libertà e di consapevolezza di sé e del mondo, saperle attraversare può aiutarci a non diventare semplici ingranaggi del sistema.
I Sistemi sono muri costruiti intorno a noi, sarà per questo che Pietroiusti ha spesso spezzato l’uniformità di una parete incollandoci sopra le foto di quello che c’è dietro, invitandoci all’utile esercizio di saper immaginare sempre quello che una barriera qualsiasi ci impedisce di vedere.
E mentre vi aggirate tra un Un Certo numero di cose, può anche capitarvi di vedere qualcuno che apre un varco nel muro per permettervi di guardare cosa c’è dall’altra parte.
Cesare Pietroiusti.
Un Certo numero di Cose/A Certain Number of Things.
A cura di Lorenzo Balbi, con l’assistenza curatoriale di Sabrina Samorì
MAMbO- Museo D’arte Moderna di Bologna
4 Ottobre 2019- 6 Gennaio 2020
Immagine in evidenza : Cesare Pietroiusti . 1963 Partita a scacchi con papà, Cortina D’ampezzo, Agosto 1963
Tutte le immagini dell’articolo: Cesare Pietroiusti. Un certo numero di cose. Veduta dell’allestimento. Mambo. Foto Giorgio Bianchi, Comune di Bologna. Courtesy Museo D’arte Moderna di Bologna.