Noi accusiamo gli antichi di dare un’anima a tutte le parti della natura. La posterità ci accuserà forse di averle uccise tutte.
Joseph De Maistre
Il percorso artistico di Giuseppe Rossi è un percorso filosofico. Dopo un’esperienza completa nel figurativo, (paesaggi, ritratti, autoritratti) rompe con la produzione artistica precedente e arriva alla creazione di un nuovo segno, un nuovo linguaggio pittorico, lo sviluppo di un motivo personalissimo che volge con le ultime opere all’informale. Il privilegio e la condanna dell’artista è portare avanti la ricerca, nella costante produzione di senso. Più che una scelta, un destino, diceva Paul Klee, sottolineando la portata filosofica, il cammino del pensiero, non del tutto indolore, che accompagna ogni passaggio stilistico.
Giuseppe osserva i tronchi degli alberi, penetra le forme naturali, organiche, i nodi , gli intrecci come uno speleologo esplora le cavità della terra, e costruisce immagini dove la fantasia visionaria dell’artista si nutre e si intreccia con la forma dei tronchi. Prendiamo ancora a sostegno le parole di Klee nella famosa metafora del 1924: “l‘artista è come un albero, come il tronco dell’albero porta linfa alla chioma imprimendo nuova forma, diversa dalle radici, così l’artista porta nell’opera ciò che vede affondando lo sguardo nel reale, penetrando con lo sguardo il reale e generando nuove forme”. Giuseppe sceglie ulivi e castagni perché sono le piante che, oltre ad avere assunto nei secoli stratificazioni di significati culturali e religiosi, hanno acquisito una forma estetica che rappresenta l’interazione, lo scambio, l’osmosi con il lavoro e la cura dell’uomo. Storia dell’uomo e della natura insieme. Spiritualità e sentimento della natura. Intreccio indissolubile. Nutrimento reciproco. Non solo un passaggio stilistico, ma filosofico, etico. Il naturalismo di Rossi, il nuovo corso non si limita a portare la pittura fuori dal regime mimetico-raffigurativo, verso un segno che diventa immaginifico, evocativo, emblematico. Si tratta di portare la ricerca dentro quella particolare sensibilità che un pensatore del nostro tempo molto attento al mondo dell’arte, il sociologo Michel Maffesoli chiama: sensibilità ecosofica.
“La saggezza di antica memoria della casa comune, la Terra, la Natura. Sentire la profonda appartenenza dell’uomo all’ambiente naturale che lo accoglie e che forma la sua anima”.
Questa sensibilità non ha la pretesa di dominare la natura ma di seguirla, di percepire il legame profondo, inscindibile, visione olistica, poetica che fa del legame tra uomo e albero l’emblema della armoniosa convivenza tra uomo e l’ambiente naturale che lo ospita. Nelle opere di Rossi le forme antropizzate dei tronchi testimoniano il necessario sentimento di appartenenza dell’uomo alla natura e della natura all’uomo.
“In questa reversibilità che ricompone l’unità dell’uomo e del suo ambiente, in questa visione olistica, c’è l’unione feconda del pensiero, dei sensi e dell’immaginazione.
Sentire è essere. E allora sensibilità ecosofica è accordare i sensi alla ragione, una ragione troppo dominante nel ventunesimo secolo, uscire dalla ragione dominante e vivere in maniera istintuale, accordarsi al sensibile. Stabilire un rapporto di intime corrispondenze con gli elementi della natura. Intime corrispondenze che aprono all’immaginazione”. Quella che Maffesolì chiama invaginazione di senso.
Nell’arte di Rossi la natura è il motore dell’immaginazione. Le forme del tronco, le sue linee, i suoi intrecci, le sue zone di luce e ombra diventano vettori di senso per nuove visioni. Rossi utilizza i colori per il loro valore espressivo, colorista arbitrario, (come lo intendeva Van Gogh). I gialli, i bruni, il bianco ceruleo dei tronchi su cui batte la luce, l’azzurro del cielo, investono cromaticamente le nuove forme, che l’artista titola suggerendo metafore, stati d’animo, simboli della civiltà contemporanea, omaggi e citazioni ad altri artisti.
E ricorrono le figure del mito, i rifermenti a civiltà che hanno al centro della loro cultura il rispetto dell’energia segreta che anima la vita dell’ambiente naturale. Insito nella sua poetica il motivo della natura madre, del rispetto sacro di alcuni elementi come base per un equilibrio tra la vita dell’uomo e il proprio ambiente naturale.
I tronchi di Rossi sono Totem, simboli di protezione e di equilibrio totale. Simboli di una saggezza antica perduta. La necessità, sentita come un’urgenza, di un recupero di questa dimensione attraversa ancora il pensiero e il lavoro di altri artisti del XXI secolo,(movimento deep ecology, artisti sciamani che si esprimono attraverso tutti i linguaggi artistici: performance, installazioni, video..).
“L’uomo e la natura appartengono allo stesso ordine della realtà, e ciò che conta nell’arte non è né l’uno né l’altro aspetto di questa realtà, ma soltanto l’intensità con cui l’artista coglie un qualsiasi aspetto dell’insieme.”Così Herbert Read a proposito della capacità degli artisti di rispondere all’ansia metafisica dell’uomo e del suo rapporto con la natura.
Giuseppe Rossi, pittore, ci porta dentro questa riflessione con la sapienza del disegno e del colore.
Ci consegna il frutto della propria contemplazione dei tronchi secolari attraverso opere che sfidano la nostra capacità di percezione e di immaginazione, e ci trascinano in un meccanismo di pareidolia. Le forme organiche che l’artista ha elaborato con la personale visione, forme che evocano la segreta energia, la forza sotterranea che anima gli elementi della natura, si innestano con la nostra misteriosa e segreta vita interiore, e vediamo ciò che sappiamo immaginare, ciò che sappiamo sentire.
Tutte le immagini delle opere: Courtesy @GiuseppeRossi
https://www.giusepperossipittore.it